Mi lascio cadere sul pavimento, in ginocchio, le mani unite sulle gambe, le spalle rilassate, la schiena ricurva e guardo il cielo…
Una posizione questa che, almeno una volta nella vita assumiamo, o per disperazione o per stanchezza. L’opera più famosa di Lorenzo Bartolini, “La Fiducia in Dio”, ha insieme proprio questi due aspetti: una ricerca intima spirituale, attraverso una sorta di preghiera silenziosa, e la fisicità di un momento di abbandono.
Nel 1834 la nobildonna Rosa Trivulzio Poldi Pezzoli commissionò quest’opera allo scultore pratese in memoria del marito defunto e rappresenta il suo abbandono totale nella fede dopo il lutto. Si narra che l’artista prese spunto da una bellissima ragazza, una modella, che aveva posato per lunghe ore consecutive davanti agli artisti che la ritraevano. Il Bartolini decise però di non riprenderla in posa, ma nel momento nel quale lei si lascia andare alla stanchezza e, stravolta, si inginocchia, come a sospirare dopo tanta fatica.
I modelli in gesso, presenti in mostra, non costituiscono l’opera conclusa ma, al pari di schizzi preparatori, sono il passaggio intermedio tra l’ idea di base e il capolavoro finito. Passaggio di un lavoro metodico e complesso per arrivare a quella morbidezza di forme e intensità di espressione che la bella mostra dedicata al Bartolini, presso le Antiche Stanze di Santa Caterina a Prato, esalta in tutte le sue forme, grazie anche alla studiata illuminazione che crea ombre nette sul bel corpo della ragazza e ai pannelli scuri come sottofondo che ne esaltano il biancore.