Il sole è una delle forme che compare spesso nei disegni dei bambini. All’inizio si tratta di un esercizio di manualità, associabile al periodo nel quale il bambino tende a chiudere i suoi segni, creando quindi le sue prime forme. Non sempre questa figura è intenzionalmente un sole dato che viene facile al piccolo far partire delle linee da una forma chiusa, da fuori a dentro di essa o viceversa, che ricordano raggi o anche gambette. Una volta per esempio mio figlio Cosimo ha tracciato tanti piccoli soli, o così io li ho subito interpretati, che vagavano per tutto lo spazio del foglio.
Quando finì il suo lavoro mi disse che non erano soli ma bolle di sapone che scoppiavano (quella viola a pennarello è una “bolla gigante”). Fu quando disegnò con il gessetto rosso su di una lavagnetta una forma raggiata che lui stesso parlò di “sole”.
Per grafologi come Henry Aubin, autore di monografie come “Il disegno del bambino disadattato: significati e strutture”, il sole nei disegni dei piccoli artisti rappresenterebbe la figura paterna. Dalla sua posizione nel foglio, dal suo colore e grandezza, si potrebbero riscontrare alcune caratteristiche del rapporto padre-figlio. Per esempio un sole colorato di nero o rosso intenso indicherebbero uno stato di paura e di ansia del bambino; se la figura invece è molto piccola e dipinta con colori tenui darebbe l’idea di un padre poco presente; al contrario un sole enorme e ingombrante una figura un po’ oppressiva.
Nella storia dell’arte il sole è stato un elemento figurativo molto rappresentato. Già nell’arte rupestre, stilizzato come appare nei disegni dei bambini, si ritrova molto spesso inciso o dipinto con le terre naturali, accanto ad altri elementi naturali. Esso è una presenza fondamentale nella vita dell’uomo e di ogni creatura ed è, per questo, subito rappresentato come divinità. La luminosa magia del sole verrà ripresa soprattutto nell’arte contemporanea, ma non nella sua forma figurativa ma nella percezione luminosa legata ad esso. Fu Picasso tra i primi sperimentatori degli effetti della luce: era riuscito a tracciare nell’aria dei segni, linee come opere evanescenti, poeticamente pronte a scomparire con la stessa velocità con la quale si erano materializzate.
L’idea gli venne da una serie di foto mostrategli dal suo amico, splendido fotografo albanese Gjon Mili. Queste avevano catturato meravigliosamente pattinatrici sul ghiaccio mentre danzavano al buio con attaccati ai loro pattini delle minuscole luci.
Il loro di quei lavori di Picasso è ancora ben presente grazie proprio alle meravigliose fotografie di Gjon Mili che ne hanno reso quell’azione, il momento preciso e magico nel quale un’artista concretizza il suo pensiero.