Tra settembre e ottobre gli studenti di Architettura della Monash University, sede pratese dell’Università australiana di Melbourne, hanno intrapreso un’avventura singolare che ha visto protagonista proprio la città toscana e la sua realtà contemporanea. Sono partiti dalla riflessione sui cambiamenti che Prato ha avuto nel tempo e dalla domanda di come, oggi, la città è vista e quale potrà essere il suo futuro. L’interessante ricerca è scaturita in una mostra a cielo aperto, fatta di installazioni “site specific” con l’intento di proporre nuove possibilità di trasformazione di alcuni spazi cittadini, toccando anche la riflessione sulla possibilità di intervenire e portare ad una rinascita luoghi “difficili” o degradati attraverso l’arte contemporanea. Le opere hanno interessato cinque punti della città, oltre al cortile di Palazzo Vaj, prestigiosa sede dellUniversità, dove alcuni studenti hanno dato il benvenuto ai partecipanti all’inaugurazione del 3 ottobre, con un’istallazione “work in progress” fatta di coni in cartone, carta e grossi fili di sintetico.
Varie tipologie di tessuti, donate dalle locali aziende (Gruppo Beste, Compagnia Tessile e Lanificio Faliero Sarti), sono state il materiale di base di tutti gli interventi artistici dei ragazzi, e non poteva essere che così data la specificità e il valore identitario dell’arte tessile per la città di Prato.
Cultural design possono essere definite opere come queste perché nascono dall’osservazione attenta e sensibile dei luoghi per i quali sono concepite e che le ospiteranno. I ragazzi, nei mesi passati presso il Campus della vitale realtà della Monash, hanno visitato luoghi e città, interagendo con le persone locali e documentandosi sulle tradizioni e modi di vita per arrivare agli interessanti interventi e alle indagini sul possibile futuro della città.
Per l’inaugurazione dell’evento sono intervenuti anche l’Assessore alla cultura Anna Beltrame e l’architetto Luca Piantini, che ha collaborato a stretto contatto con gli studenti come dirigente del Comune.
I luoghi della città protagonisti degli interventi sono stati individuati dai giovani artisti, sotto la guida della professoressa Nicole Kalms e attraverso il fondamentele aiuto di Piantini nell’indicazione di quelli più adatti. Dal 3 all’8 ottobre i passanti meno distratti si sono trovati a soffermarsi o a farsi, seppur frettolosamente, domande sulle fantasiose “materie” in movimento amalgamate ai luoghi che le hanno ospitate. Infatti, tutte le istallazioni realizzate sono risultate strettamente collegate non solo alla città e alle sue caratteristiche che vogliono valorizzare, ma al pubblico, ai passanti, ai cittadini. Sono opere da vivere che richiamano la diretta partecipazione delle persone.
“Radical Mapping Project: Alongside/Within/In opposition” è il titolo di questo evento all’insegna dell’arte contemporanea e dal cortile di Palazzo VaJ ci si sposta a quello di fronte a Piazza dell’Università, vicino alla stazione ferroviaria di “Prato porta al serraglio”. Gli artisti Odelia Chow, Shing Hei Ho, Emilia Firus e Jasmine Cho hanno istallato due tele trasparenti nere sulle quali avevano tracciato simboli architettonici e culturali delle varie parti del mondo.
Intercultura, unione e condivisione di tradizioni e pensieri attraverso l’arte in un luogo sopraelevato, quale la piazza, per catturare tutto il vento possibile in modo da far volare liberi quei pensieri. Un progetto il loro che sottolinea e valorizza le spacificità stesse della città inserendosi e sfruttando la ventosità tipica di Prato. Un’opera anche molto giocosa che richiama l’attenzione delle persone che passando si ritrovano addosso le svolazzanti tele. Una di esse è tagliata ad arco, per invogliare un possibile varco, accesso che però può essere realizzato solo dai più veloci che gareggiano col vento.
Il viaggio prosegue e ci porta presso Porta Frascati: sulle mura gli artisti Joseph Gauci-Seddon, Tama Abeynaike, Helen Alexiadis e Sammy Barry hanno posto tre tessuti dipinti e anch’essi lasciati liberi di svolazzare e muoversi nello spazio. I colori pastello scelti si sposano con i colori caldi delle mura della città e vengono fuori attraverso proprio il movimento, in contrasto con la fissità e staticità delle mura cittadine.
Pesantezza e leggerezza, elementi geometrici, come pixel nello spazio, e l’imperfezione sensibile e romantica delle pietre di altri tempi. Contemporaneità ed antichità dialogano potentemente da sempre nella città toscana.
Una delle opere di più potente effetto è risultata l’istallazione di tessuto nello spazio antistante la Biblioteca Lazzerini, dove gli artisti Jackson Caish-Sadlek, Andy Wright, Anabell Ayala Rodriguez, Tim Randall, come pazienti ragni, hanno intessuto la loro ragnatela verso il cielo.
Si è trattato di tessuti di qualità diversa che hanno movimentato la spazio vitale, luogo di cultura e d’incontro tra i giovani, di fronte alla porta di accesso al Museo del Tessuto, oltre che alla prestigiosa Biblioteca. Di grande effetto anche le ombre proiettate dai tessuti sulle mura e sul pavimento e la visione di quelle stesse linee sullo sfondo del cielo.
I colori scelti arancio, bianco e grigio sono risultati di grande armonia, senza imporsi sulle specificità del luogo ma esaltandolo atraverso un tridimensionale e spaziale disegno di grande impatto.
Ma siccome ce n’è per tutti i gusti quando si parla di arte contemporanea, un’opera veramente giocosa, interattiva e colorata è risultata quella del Cortile dello stesso Museo del Tessuto, dove gli artisti Michael Angelini, Sheli Kuperman, Anthea Gasparini e Anna Black hanno istallato una struttura di fili e intrecci di tessuti. Al centro di quest’opera un “nido” con all’interno preparati gli stessi intrecci legati ad un filo.
Erano gli spettatori, o meglio i partecipanti dell’arte contemporanea, a prenderne e attaccarli ai fili che disegnavano lo spazio angolare per contribuire all’aspetto finale della stessa opera d’arte.
Così i tessuti colorati, come tanti frutti su un albero crescevano col crescere dei curiosi: come spesso accade nell’arte dei nostri tempi la vita dell’opera si intreccia a quella di ognuno di noi.
Il viaggio finisce ai giardini della stazione centrale di Prato con gli artisti Kiona Guillot, Sam Hepburn, Chalat Kanjanaratanakorn e Mei Ling Cheah. Un albero, uno dei tanti che decorano il giardino è stato scelto come supporto per tanti piccoli e circolari tessuti diversi.
Anche qui i colori, bianco, grigio e viola, catturano l’attenzione senza stonare con l’ambiente circostante, ancora una volta, rispettando le specificità ambientali del luogo. Una cascata di moduli seriali di varie dimensioni, piegati quasi a formare petali o elementi organici prodotti dallo stesso albero, sembrano pronti ad invadere tutto lo spazio ma si fermano magicamente ai piedi dell’albero scelto, tra l’erba. Alcuni moduli diventano morbidi cuscini per invogliare i passanti a fermarsi e a riposarsi, a prendersi una pausa dal tram tram quotidiano.
É quello che sostanzialmente fa l’arte contemporanea: silenziosa e intrigante chiama e invita a soffermarsi, riflettere sulle condizione della nostra vita, del nostro mondo. Un invito, da parte di opere che hanno durata breve, prima di essere smantellate: brevità di esistenze nell’ombra che richiamano luce e ricordo, attraverso la memoria di chi le ha vissute e…attraverso un po’ di fotografie…
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