Tra le esperienze più belle che abbiamo vissuto quest’estate alla scoperta delle bellezze del territorio, vi è sicuralemte la visita al fregio dell’Ospedale del Ceppo di Pistoia appena finito di restaurare. Domenica 31 agosto scorso si sono concluse le possibilità di vedere da vicino un’opera straordinari, impossibile da gustarsi a pieno in condizioni “normali”.
Il fregio ritorna ad essere usufruito da lontano ma restano fotografie e il ricordo di coloro che hanno potuto vivere una tele esperienza, anche quello dei più piccoli… A mio figlio di 5 anni sono piaciuti tanto i colori e le affascinanti storie dei personaggi rappresentati, come i “Cerusici”, i chirurghi dell’epoca, e i “Pappini”, il nome con cui venivano chiamati gli infermieri toscani, che somministravano alimenti e sostanze. Una cosa meravigliosa è stata anche il gioco di luce del sole che filtrava attraverso i fori delle impalcature: sembravano ci fossero tanti piccoli coriandoli che scendevano dal cielo.
A passeggio, sospesi, ad osservare i pannelli realizzati dall’artista Santi Buglioni nel 1525, si è potuto scoprire cosa mangiavano i personaggi sulle tavole imbandite, gli alimenti, l’acqua azzurrina e movimentata dentro una bacinella posta per terra nella scena del lavaggio dei piedi, il liquido giallastro dentro un vaso trasparente, le urine di un malato a letto; le espressioni e i sentimenti dei personaggi, così palpitanti sotto la loro pelle vitrea.
Il fregio, commissionato dallo spedalingo fiorentino Leonardo Buonafede, che compare nelle scene in abito bianco con mantella nera, a presiedere le quotidiane attività dell’ospedale, mostra le sette opere di Misericordia. Le scene, Vestire gli ignudi, Alloggiare i pellegrini, Visitare gli infermi, Visitare i carcerati, Seppellire i morti, Dar da mangiare agli affamati, Dar da bere agli assetati, sono intervallate dalle figure di Virtù (Prudenza, Fede, Carità, Speranza e Giustizia). Completano l’opera due arpie sugli angoli: figure curiose per i più piccoli perché sembrano draghi, fatte con parti diverse di animali. Le arpie erano spesso presenti in opere architettoniche come ammonitrici, personificazioni del vento nella sua forma più distruttiva. Tra le scene più strepitose i personaggi che bevono da vere e proprie tazze di ceramica poste nelle loro mani. Espressivi, dai volti contorti dalla sete, raggiungono una tridimensionalità impressionante, sfuggendo alla “presa” dello sfondo, per andare verso lo spazio dello spettatore.
E adesso ritorniamo con i piedi per terra…