Oggi andiamo a spasso tra i colori incredibili di Nicola De Maria, passando da una sala all’alltra del Museo Pecci a Prato.
L’arte di De Maria dialoga profondamente con l’ambiente che la contiene e molto spesso, in una sorta di esplosione sentimentale, le forme fuoriescono letteralmente dai limiti delle tele e, come dischi volanti, volano nello spazio, sulle nostre teste.
Rimaniamo un attimo rapiti, nella seconda sala, dall’ “Universo senza bombe”, titolo scritto in fondo all’opera in lettere che, come note musicali, si muovono all’interno di un pentagramma. Una natura incantata invade uno spazio che emana pace e gioia, un sogno, una sorta di preghiera per una possibile alternativa alle bruttezze del mondo reale: questo quello che l’arte di De Maria vuole essere. “Con i miei lavori vorrei cancellare la povertà, la malattia, l’ignoranza e la violenza. Dovrebbero essere così belli e splendenti da raggiungere questo fine. Se no, un pittore cosa ci sta a fare?”
I colori danno idea sempre di grande freschezza, soprattutto i suoi bellissimi paesaggi: montagne, colline, zone erbose che svelano a tratti nascosti misteriosi animali, tutto realizzato esclusivamente con il colore.
Al contrario di quanto ci potremmo immaginare queste opere, realizzate su cassette, quindi materiali di recupero, hanno un procedimento esecutivo estremamente lento, meditativo. L’artista cioè da un colore alla volta e lo lascia riposare, calmare, sulla superficie, prima di intervenire nuovamente. E’ proprio questo modo di lavorare le superfici che non provoca il cracklé, cioè quella naturale fessurizzazione del colore, quando si da molto corposo in un punto: non c’è dramma nemmeno fisico nelle opere di De Maria.