Archivi tag: Rocca della Cerbaia

Il fascino archeologico della Rocca di Cerbaia: dai recenti ritrovamenti una necropoli altomedievale

Quali misteri nasconde la Rocca di Cerbaia? Inquietanti e terrificanti racconti ci sono venuti da Vittorio Ugo Fedeli tra i suoi “Fogli sparsi” dell’“Edizione Rarissima” del Bollettino dell’Esposizione Artistica – Industriale di Prato del 1880.

Egli aveva descritto l’uccisione del Conte Orso per mano del cugino Alberto degli Alberti, solo uno dei tanti omicidi avvenuti nella famiglia ed anche lo stesso Alberto, prima di uccidere il cugino, rivela nel racconto del Fedeli: “Un destino tremendo grava sugli Alberti: le loro mani gronderanno sempre sangue fraterno, e saranno maledetti dalle future generazioni. Io pure sarò fratricida, e la mia fronte verrà macchiata d’infamia… Una forza superiore alla mia mi spinge al misfatto… (…) Sul libro degli umani delitti Iddio deve segnare anche questo!…”.

Sempre il Fedeli descrive addirittura la freddezza di Alberto dopo l’omicidio, quando comunica a Margherita che lo sposo la stava attendendo in camera. Descrive la morte della ragazza alla vista del marito “sul letto nuziale convertito in lugubre feretro”. Ma la stessa sorte toccherà anche ad Alberto; infatti, il “19 Agosto 1325 il Conte di Celle fu trovato morto nella sua stanza da letto. Il nipote di lui, Spinello bastardo, avealo ucciso a tradimento per istigazione degli Ubaldini e di Benuccio Salimbeni.

Oltre ai racconti sulla “terribile” Rocca sono state le recenti e straordinarie campagne archeologiche che ci hanno rivelato aspetti di enorme interesse. Infatti la Rocca nascondeva una necropoli del periodo altomedievale: si tratta di sette sepolture di bambini, di età compresa tra i 18 mesi ed i tre anni, tra i quali sono stati riconosciuti tre maschi ed una femmina, nella maggior parte dei casi in buono stato di conservazione. Veniamo così a contatto con aspetti della società medievale che ci permettono di capire anche i metodi di sepoltura: le tombe ritrovate sono in fossa terragna, cioè scavate in terra ad eccezione di una sola disposta in cassa litica, cioè circondata da pietre. Si tratta di sepolture tipiche del periodo tra il 750 e l’800 d.C. (a cavallo tra la dominazione longobarda e quella dei Franchi).

Ma perché erano tutti bambini? E chi erano?

Aspetto curioso è che questi bambini sembrano essere appartenuti ad una stessa famiglia; deceduti probabilmente a causa di malattie o malnutrizione.

Per amore e per vendetta: misteriosi racconti di sangue nell’antica Rocca di Cerbaia

Era la mattina del 15 febbraio 1286 quando nella Rocca di Cerbaia si tenevano i pomposi festeggiamenti per le nozze dei due cugini “Orso del fu Conte Napoleone e Margherita del fu Conte Guglielmo, ambedue discendenti dalla famiglia degli Alberti signori della Valle del Bisenzio”; come racconta Vittorio Ugo Fedeli nei suoi “Fogli sparsi” dell’ “Edizione Rarissima” del Bollettino dell’Esposizione Artistica – Industriale di Prato del 1880. All’epoca il Conte Orso era “un bell’uomo in sui 35 anni”, descritto vivacemente dal cronista Fedeli mentre “aspettava ansioso il momento di partire per San Leonardo, ov’era situata la chiesa del feudo, splendidamente addobbata a ricevere gli sposi; e di quando in quando affacciavasi ai finestroni come per vedere se qualcuno sopraggiungesse.” Il Conte Orso aspettava suo cugino Alberto degli Alberti, conte di Celle che arrivò in ritardo scusandosi con una “forte indisposizione di salute che fu da ognuno creduta per vera, essendoché egli avesse il volto pallidissimo e l’orbite del colore del piombo”. Il Fedeli prosegue poi nel suo racconto descrivendo i festeggiamenti che si tenevano per le strade: “nella pubblica piazza alcuni menestrelli e giullari, chiamati da Firenze e da Bologna, sollazzavano i rustici terrazzani, che davansi ad un’allegria che mai la maggiore (…).Tavole piene di cibi e di vini di ogni sorta, apparecchiate in varii luoghi davano risalto a questa scena grottesca, che veduta da un abile pittore, ne avrebbe senza dubbio ideato una delle sue più pregevoli tele.”

Ed ecco che iniziarono le danze e il Fedeli descrive gli sguardi tra il Conte di Celle e Margherita, la sposa del Conte Orso. Descrive l’inquietudine di lei agli sguardi insistenti dell’uomo che ad un certo punto azzarda ad invitarla a ballare la “sarabanda”, tipico ballo medievale che “dava alle coppie ogni agio di parlare”, così il Conte Alberto dichiarando in un sussurro il suo amore alla donna: “Ricordatevi, bella cugina, ch’io dovea essere vostro compagno inseparabile, e che mi rifiutaste. Io vi amava immensamente, e per voi avrei dato vita, gloria, tutto, anche la salvazione dell’anima. E mi avete odiato”. Ella non rispose e finito il ballo si andò a sedere, cercando invano lo sposo che non era nella stanza. Anche il Conte Alberto si accorse dell’assenza del cugino e lo andò a cercare per parlargli. Quando lo incontrò lo portò in una stanzetta appartata del castello chiudendo la porta con il “catorcio”. “Le orbite del colore del piombo del Conte di Celle si fecero più nere, ed i suoi occhi grigi scintillarono ferocemete” mentre iniziava a parlare: “Tu conosci, cont’Orso, l’istoria delle nostre famiglie: sai che tuo padre Napoleone uccideva mio padre Alessandro per ispogliarlo dei beni che il nostro avo Alberto aveagli a preferenza lasciati. Il fatto è omai noto a tutti; e darà forse argomento di canto a qualche poeta, che noterà d’infamia ambedue, essendoché fossero due tremendi tiranni. Nonostante il Conte Alessandro era mio padre, ed a me spetta vendicarlo. Queste parole pronunziate con una certa aria di mistero, fecero impallidire il cont’Orso, ch’era d’animo debole e timido, e che conosceva qual terribile barone fosse il suo cugino”. L’attimo di terrore descritto dal Fedeli, appare come congelato in un tempo infinito, che ancora sembra di sentir sussurrare intorno alle rovinose mura della Rocca di Cerbaia. Un attimo di terrore che si concluderà con l’uccisione del Conte Orso per mano del cugino. Dopo averlo addirittura esortato a far testamento, gli tagliò la gola per amore e per vendetta.

I Conti Rabbiosi e il Barbarossa: la storia di un castello

 

L’origine della Rocca di Cerbaia, il cui nome deriva dai caprioli e cervi che la popolavano, rimane ancor oggi sepolta nelle tenebre del periodo delle immigrazioni barbariche in Italia. I primi documenti che ne parlano risalgono al XII secolo. In origine, nel luogo dove ora sorge la Rocca, ci doveva essere un piccolo villaggio. Successivamente fu occupata “col ferro alla mano” da un barone alemanno, come ci racconta Vittorio Ugo Fedeli, erudito raccoglitore di memorie storiche e leggende locali, nell’“Edizione Rarissima” del Bollettino dell’Esposizione Artistica – Industriale di Prato del 1880. Fu quando la famiglia di “conti di Vernio e Mangona” degli Alberti edificarono tale Rocca, che possediamo maggiori informazioni. Questa famiglia era entrata “nelle grazie” di Federico Barbarossa (Federico I, Imperatore del Sacro Romano Impero dal 1155); quest’ultimo era il nonno di Federico II di Svevia (Imperatore del Sacro Romano Impero dal 1220) che anche lui sarà importante nella storia delle fortificazioni medievali, tanto da dare origine ad un vero e proprio “genere” di castelli detti appunto “federiciani”, perché presentano caratteri architettonici simili (come i più famosi Castello dell’Imperatore di Prato e Castel del Monte in Puglia).

Gli Alberti riuscirono ad ottenere un diploma dal Barbarossa che sanciva il possedimento della Rocca di Cerbaia. Essi, infatti, si erano presentati all’Imperatore nel 1164 a Pavia, dove quest’ultimo dimorava, per chiedergli terre e vassalli in cambio del loro appoggio politico.

Nel diploma si legge: “pro dilatando imperialis coronae solio tempore pacis et guerrae fideliter et strenue plurimus labores et maximas exprensas toleraverunt”. Il Fedeli precisa “con un colpo di penna concesse agli Alberti gran parte di territorio toscano e bolognese ed anche Cerbaria”.

Forti della pergamena imperiale e di un esercito di armati, i Conti Rabbiosi si gettarono sul castello, “che loro era sembrato bello e forte arnese da guerra da fronteggiare fiorentini e pistoiesi. Una masnada di cinquanta scherani lo assediò, gli dette l’assalto e l’occupò, cacciando il tirannello straniero. Ciò succedeva il 20 gennaio 1165”.

La Rocca per gli Alberti aveva una funzione abitativa a carattere politico, cioè era il simbolo di un ben preciso potere territoriale. Era una sorta di Palatium o Domus, distinguendosi dai Castra (castelli). Fu infatti solo a partire dal XIV secolo, sotto il dominio fiorentino, che la Rocca si trasformò in un presidio militare strategico, facendole perdere l’originaria caratteristica politico-residenziale. La Rocca divenne punto strategico e monumento simbolo della Val di Bisenzio, dato che quest’ultima era sicuramente un’importante via di comunicazione transappenninica fin dall’antichità, perché collegava due centri etruschi allineati geograficamente: Marzabotto ed Artimino. Le differenza tra Domus e Castrum sono legate per lo più all’uso che se ne faceva: la “Domus solaciarum” era una casa di svago, mentre al castello era assegnata per lo più una funzione militare, anche se le differenze tra i due tipi di costruzione era molto sfumata nella realtà dei fatti. É per questa distinzione principale di funzione che solitamente i castelli venivano costruiti all’interno delle città, mentre per la domus si prediligevano luoghi più isolati proprio per il carattere di ricerca di tranquillità. Gli Alberti, detti per il loro carattere, i Conti Rabbiosi, fecero del Palazzo la loro inquietante dimora, che divenne ben presto teatro di terribili omicidi che si susseguirono per generazioni nella loro famiglia.