In ogni epoca e in ogni luogo della terra l’uomo ha cercato di dare un senso alla vita e alla morte e, soprattutto verso quest’ultima, ha sempre avuto sentimenti contrastanti di paura e attrazione. Rispetto al passato però, oggi, almeno in Occidente, dove conta arricchirsi senza guardare in faccia nessuno, dove ognuno pensa al proprio orticello e chi se ne frega di tutto il resto… oggi, per noi, la morte è diventata un qualcosa di cui non parlare e non pensare, una sorta di tabù. L’artista Damien Hirst con il suo teschio ricoperto di diamanti, esposto eccezionalmente a Palazzo Vecchio a Firenze, mostra ciò che l’uomo vuole nascondere: la paura della morte, esorcizzandola, facendola addirittura diventare bella, magnifica, la cui luce sconfigge le tenebre da sempre associate ad essa. Ma appare anche come un segno provocatorio di fronte all’incapacità dell’uomo di oggi di riflettere sul senso della vita e sul suo limite.
Nel passato non era così: la morte è stata anche uno dei grandi temi dell’arte, in particolare dal Trecento, quando, soprattutto in area franco tedesca, si assiste a un proliferare di rappresentazioni che rivelano un particolare gusto per il macabro: i “trionfi della morte”, ma anche le “danze macabre” o l’“incontro dei tre morti e dei tre vivi”. Quest’ultima iconografia trae origine dall’affascinante e inquietante opera francese di Baudouin de Condé, scritta nel 1275, che racconta di tre giovani e bei cavalieri che, durante una cavalcata, incontrano tre morti viventi, che li ammoniscono dicendo: “Ciò che sarete voi, noi siamo adesso. Chi si scorda di noi, scorda se stesso“.
In Italia e soprattutto nel nord, vi sono tanti esempi di luoghi che evocano questo racconto; per esempio a Milano vi è una piccola cappella seicentesca che sorge sul luogo dell’antico cimitero di Porta Vercellina, istituito in conseguenza della peste che colpì la città nel 1630. La facciata di tale cappella mostra proprio la frase pronunciata dai tre morti viventi nel racconto diventato leggenda. Ma gli esempi che si possono fare sono migliaia.
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